Come stanno la scuola, le nuove generazioni, la famiglia e la democrazia in Italia?

Pubblicato giorno 18 dicembre 2018 - In home page

E’ questa la domanda che ha fatto da traccia ai tre incontri di riflessione che si sono tenuti nell’oratorio parrocchiale, in collaborazione con l’Associazione italiana maestri cattolici (AIMC), durante la seconda metà di novembre.

Un insegnante, un’operatrice di un centro per disabili, una psicologa, due avvocati ed un professore universitario ci hanno aiutato a fare il punto della situazione, offrendo analisi accurate e motivi di speranza.

Per Massimo Guerrieri, insegnante dal 1994, la scuola italiana rischia di diventare sempre più una struttura amministrativa che produce servizi: burocrazia e nuove tecnologie la opprimono. Soltanto la dedizione e la passione di tante persone fanno sì che essa rappresenti ancora un punto di riferimento per famiglie e ragazzi.

E’ necessario un recupero di umanità perché essa torni ad essere luogo per la crescita delle persone e la cura delle relazioni. In questo modo si darà davvero attuazione all’articolo 34 della Costituzione (“La scuola è aperta a tutti”); occorre attivarci per ribadire che la scuola è di tutti, appartiene a tutti, è per tutti e riguarda tutti; occorre investire energie nel rapporto con le famiglie, perché la scuola ne diventi sempre più il naturale prolungamento.

Elena Allegri, referente della Fondazione Maria Assunta in Cielo (MAIC) di Pistoia per il servizio dei volontari e dei tirocinanti, ci ha parlato e mostrato fotografie del “miracolo della vita” sperimentabile nel centro di riabilitazione, che, ogni anno, è frequentato da circa 200 volontari, ragazzi tra i 16 ed i 30 anni.

A suo avviso, la comunità che vive il centro è paragonabile ad un corpo con diverse membra: quelle evidentemente disabili aiutano le altre a scoprire le proprie disabilità nascoste.

Giulia Vendramini, psicologa che da cinque anni collabora con il Centro famiglia sant’Anna come responsabile del servizio di consulenza per giovani, ci ha parlato della sua esperienza con i ragazzi, il disagio dei quali, molto spesso, deriva da problematiche interne alle famiglie. A suo avviso, è fondamentale che queste ultime si lascino coinvolgere per affrontare le varie forme di dipendenza o di disagio psicologico dei figli. Una particolare attenzione è stata riservata, anche attraverso la proiezione di slides, ai comportamenti riconducibili al bullismo.

Lorenzo Pratesi, avvocato di Pistoia, ha confessato la difficoltà a trovare motivi di speranza, dalla prospettiva di uno studio legale, nell’ambito della famiglia, visto che il diritto sta rinunciando alla funzione pedagogica a vantaggio di una funzione meramente descrittiva. Lo Stato, da un lato sta ampliando il concetto di famiglia, fino a farne perdere i contorni, e dall’altro si ritira di fronte al fenomeno della crisi delle famiglie; queste ultime, quindi, stanno uscendo dalla sfera pubblica e sono relegate nel privato.

Per Pratesi, la rivoluzione sessuale ed il progresso scientifico hanno fatto venir meno la famiglia come società naturale, dotata di leggi proprie e caratterizzata da stabilità e funzione sociale.

Un esempio dell’approccio descrittivo alla famiglia da parte del diritto sarebbe dato proprio dalla recente sentenza del Tribunale di Pistoia che riconosce la doppia maternità ad un bambino di Montale e che sottolinea il primato del consenso sul fattore biologico ai fini della genitorialità. Stando così le cose, la famiglia si ridurrebbe ad una comunità di affetti non necessariamente vincolata alle leggi della biologia e a quei tradizionali valori insiti nella definizione di “società naturale” adottata dai padri costituenti.

Il fatto che la legislazione attuale permetta ai coniugi di separarsi e far cessare gli effetti civili del matrimonio con un accordo di negoziazione assistita presentato all’ufficiale di stato civile, senza dover passare dal Tribunale, è l’ulteriore conferma dell’appiattimento dell’istituto familiare sul consenso dei coniugi.

Motivi di impegno nascono dalla possibilità che ogni famiglia cristiana attragga i giovani verso scelte di vita fatte per rispondere alla vocazione alla santità e dalla necessità che il mondo cattolico non rinunci a fare cultura, anche giuridica, a partire dalla propria fede.

Giuseppe Alibrandi, presidente dell’Ordine degli avvocati di Pistoia, ha messo in guardia da alcuni atteggiamenti tipici della nostra epoca: vedere gli errori degli altri, ma non i nostri; rivendicare diritti, sottovalutando i doveri; rimanere nei propri recinti. Occorre, perciò, rieducarci al senso della responsabilità personale ed al senso civico; occorre sentirci parte di una collettività organizzata, nella consapevolezza che le istituzioni siamo noi, che la sovranità appartiene ai cittadini e che il rispetto delle regole produce un effetto emulativo.

A Giovanni Tarli, professore ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Firenze, è stato affidato il compito di presentarci lo stato di salute della democrazia in Italia.

Una premessa storica è servita a sottolineare il fatto che la scelta per la democrazia non è stata banale, perché democratica l’Italia non era mai stata e perché per la prima volta l’Assemblea costituente è stata eletta a suffragio universale maschile e femminile.

Tarli ha sottolineato che i primi tre articoli della Costituzione si richiamano a vicenda: l’Italia è una repubblica democratica (art. 1) se riconosce e garantisce i diritti inviolabili e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili (art. 2); la Repubblica è democratica se garantisce il principio di uguaglianza non soltanto come non discriminazione, ma anche come rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana (art. 3).

La Repubblica non si esaurisce nello Stato, perché ha al centro la persona e la società civile; la maggioranza non deve essere onnipotente, perché la sovranità deve essere esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione.

In questo senso, per il nostro relatore, la democrazia italiana è una creatura radicata, ma ha le sue fragilità.

Oggi, c’è un fattore di crisi politica, perché i bisogni dei cittadini non trovano più il filtro dei partiti e perché si assiste ad un’eccessiva personalizzazione; altre fragilità della nostra democrazia derivano dalla crisi economico-sociale e dall’uso delle paure, anche fondate, come base per opzioni politiche.

La democrazia deve attingere ai valori e vivere di un equilibrio tra i poteri costituzionali; la nostra democrazia deve riscoprire la dimensione educativa, la partecipazione, la cittadinanza attiva e consapevole.

In questa direzione, il mondo cattolico ha ancora molto da dare, vincendo la tentazione di chiudersi in se stesso e quella di affidarsi al singolo uomo politico, investito di tutte le attese di rinnovamento.

Un grazie sincero a Massimo Guerrieri, presidente dell’AIMC, ed a tutti i relatori, per la generosità, la competenza e la passione dimostrate.