Suor Gabriella, una suora al campo nomadi

Pubblicato giorno 16 maggio 2015 - In home page

Una serata davvero speciale quella vissuta Giovedì 14 Maggio all’oratorio in occasione del tradizionale appuntamento settimanale con gli adolescenti, grazie alla visita che Suor Gabriella D’Agostino ha voluto donarci, portando la sua testimonianza di fede vissuta tra Roma, Messina, Padova ed adesso Pistoia. Suor Gabriella appartiene all’ordine delle “ Suore francescane dei poveri “ ed è proprio aiutare le persone più bisognose  il principale obiettivo della sua missione. In particolare, già da alcuni anni, durante il periodo vissuto in Sicilia, Suor Gabriella ha iniziato a frequentare i campi nomadi, acquisendo una visione di questa realtà completamente diversa dagli stereotipi comuni. Ma lasciamo a lei il compito di raccontare la propria affascinante storia:

“ Sono Suor Gabriella, nata e vissuta a Roma; più di venti anni fa ho conosciuto le Suore Francescane dei Poveri e pian piano ho compreso che il Signore mi chiamava ad essere una di loro per portare al mondo Gesù. In questi anni ho conosciuto tante realtà che mi hanno aperto orizzonti nuovi e fatto scoprire ancora di più la mia fede e la mia vocazione. Sono convinta che ogni incontro nella nostra vita è un’occasione di crescita, soprattutto quando sulla nostra strada incontriamo persone completamente diverse,  per cultura, fede, stile di vita. Apparentemente ci “scomodano”, ma poi ci aprono un mondo, ci allargano il cuore. Questo l’ho sperimentato in modo forte quando ho incontrato più da vicino il popolo Rom circa 10 anni fa a Messina. Dovevo continuare un servizio avviato in precedenza dalle mie consorelle con la Caritas Diocesana; mi sono ritrovata in una realtà che non avevo scelto, ma ho colto subito che il Signore mi chiamava lì in mezzo a loro, per fare un pezzo di strada insieme. Coglievo che questo popolo così diverso dal mio  aveva qualcosa da dirmi e da donarmi. Ricordo il primo impatto; non fu semplice perché avevo dentro di me tanti pregiudizi e vedere queste famiglie con tanti bambini che vivevano in un campo fatiscente con fogne a cielo aperto, senza servizi, con topi e scarafaggi che giravano, mi fece pensare che dovevamo fare qualcosa per loro, per “civilizzarli”. Compresi presto che questo atteggiamento non era giusto e cercai di mettermi in ascolto. Ascoltare significava per me entrare in relazione con questi fratelli in modo normale, condividendo preoccupazioni, dolori, rabbie, come pure tanti  momenti di festa. Con il gruppo di volontari cercavamo anche di far comprendere l’importanza del frequentare la scuola per i bambini, promuovendo inoltre attività di dopo scuola. Abbiamo lottato con i pregiudizi della gente per la ricerca di un lavoro, perché contrariamente a quanto si pensa, tanti di loro mi dicevano continuamente che volevano lavorare e si vergognavano di chiedere l’elemosina o di “arrangiarsi”. Andavamo nelle parrocchie per far conoscere questa realtà presente sul loro territorio e che spesso ignoravano. Ci siamo trovati a discutere con tanti “cristiani” che non volevano la loro presenza perché di disturbo alla quiete del quartiere. Tutto è servito per avvicinarci al popolo Rom, ai nostri reciproci mondi, a costruire un rapporto di fraternità che va oltre ogni razza e cultura. Ricordo il giorno in cui andai a salutare una famiglia che partiva per la Francia e commossa la donna mi disse: grazie sei stata per noi una sorella. Questi fratelli, che non sono dei santi, come non lo siamo noi, mi hanno insegnato molto e mi hanno fatto crescere nel mio cammino umano e spirituale. Da loro ho imparato uno stile di accoglienza che ti fa sentire a “casa”, il dimenticare le offese, la pazienza, l’abbandonarsi alla Provvidenza. Un momento che ci ha avvicinato ancora di più è stato il vivere tutta la preparazione a lasciare il campo, secondo l’Ordinanza del Comune, poi la notte dello sgombero e la sistemazione nelle case. Anche se le famiglie erano state preparate, è stato forte vedere come la ruspa distruggeva le “case” dove avevano vissuto per venti anni. Il condividere questi momenti, il piangere con loro, ci ha fatto sentire veramente fratelli, figli di un unico Padre. Le famiglie sono state portate in diverse case dislocate nella città. Tre famiglie sono andate proprio in un’ alloggio nella Parrocchia dove alcuni mesi prima avevamo fatto un incontro molto difficile, ci eravamo  scontrati con i pregiudizi della gente. Il Parroco, quando sono arrivate queste famiglie, le ha presentate una domenica alla Messa. È  stato bellissimo, perché quelle stesse persone che avevano protestato, si sono rese disponili ad aiutare. Dopo un po’ di tempo una signora è venuta da me per dirmi che anche lei era tra coloro che non volevano i Rom, ma dopo  averli conosciuti, si vergognava di quello che aveva detto e pensato e mi disse che sentiva il bisogno di andare da loro a chiedere scusa! Ciò che non conosciamo ci spaventa e ci fa chiudere, ma solo aprendo il nostro cuore, anche rischiando, scopriamo che dietro ogni volto c’è Gesù, c’è una persona da amare. Da poco piu’ di due anni sono a Pistoia e ho ritrovato anche qui i Rom, mi è sembrato un segno bello, il Signore mi chiama ancora a condividere un altro pezzo di strada con loro e non posso che dire grazie! “

 E noi non possiamo che dire grazie a te, Suor Gabriella, per aver portato a noi ed ai nostri ragazzi questa preziosa testimonianza, con l’invito a tornare presto a trovarci nel nostro oratorio.